il Dualismo Suono/Silenzio

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vivox_lei
view post Posted on 11/11/2008, 14:16     +1   -1





di Edoardo Bridda

"Tutte le volte che la genesi del mondo è descritta con sufficiente precisione, un elemento acustico interviene nel momento decisivo dell'azione. Nell'istante in cui un dio manifesta la volontà di dare vita a se stesso o a un altro dio, di far apparire il cielo e la terra oppure l'uomo, egli emette un suono."
(Italo Calvino, Palomar, Mondadori, Milano, 1994)

"E se fosse nella pausa e non nel fischio che i merli si parlano? Parlarsi tacendo o fischiando è sempre possibile; il problema è capirsi"
(A. Padovani, E. Bottero Pedagogia della musica: orientamenti e proposte didattiche per la formazione di base, Guerrini e associati, Milano, 2000)

Non c'è dubbio che la dualità rumore/silenzio interessi l'intera storia della specie umana, venendo sempre piu' fortemente alla ribalta anche nel mondo musicale occidentale. Teologi, filosofi e storici si sono occupati di questo tema riconducendo sempre l'attività umana al suono, senza negare che proprio il suono è tale in relazione al silenzio su cui si staglia. Se il suono è la Vita, esso si oppone con forza al silenzio. Ma è anche vero che quest'ultimo è la base su cui esso si stratifica.

Quel bene prezioso che è il silenzio è quindi essenzialmente l'altra faccia della medaglia, non solo nella comunicazione, più in generale rappresenta un elemento indispensabile nella percezione sensoriale. Ritornando a parlare alla caverna sonora intrauterina possiamo intendere anche l'intervallo tra un battito cardiaco ed il successivo come un silenzio non assoluto ma come una pausa di senso e ora possiamo aggiungere che, al di fuori del utero materno, questa dicotomia primaria si è sempre declinata in modo diverso lungo tutta la storia della nostra civiltà. Condizioni storiche e luoghi geografici (ambienti) hanno sempre influito sulla percezione acustica, con le proprie sfumature e caratteristiche ritmiche, sul modo in cui percepiamo i suoni organizzati e i suoi relativi silenzi.

A partire da una condizione acusticamente filtrata (il feto), ognuno di noi si è trovato, una volta nato, a subire tutta la traumaticità dei rumori ambientali. Prima del parto, del rumore di fondo c'era ed era percepito nel grembo materno, ma era sotto "controllo", parte di uno sfondo sul quale si costruiva una figura ritmica e l'eco della voce materna. Alla nascita c'è uno shock, un distacco, insomma, la fine di un modo di essere della Vita. I bambini fortunatamente sono praticamente sordi nel primissimo periodo post-natale, riacquistare l'udito per loro è difficoltosissimo e anche una volta riusciti nell'impresa lo scenario sonoro che si presenta loro risulta complesso.


Da un punto di vista strutturale possiamo dire che l'uomo non è mai stato in grado di organizzare tutti i suoni a proprio piacimento. Infatti il sistema sonoro, che avvolge la nostra specie fin dall'inizio, ha sempre seguito - e segue - logiche inumane: è spettato all'uomo, nel suo continuo adattamento al suo ambiente, trovare un ordine da questo caos. Un ordine sempre parziale e mai risolutivo. Persino oggi, in cui l'uomo è in grado di registrare e di riprodurre ogni rumore e suono della natura attraverso specifiche apparecchiature (e quindi di controllare e manipolare i rumori a lui sgraditi), egli si trova (e sempre più) a dover fare i conti con lo stress provocato da suoni che, di fatto, sono il frutto delle sue creazioni e delle sue conquiste evolutive. Basti pensare che già Giulio Cesare nel 44 a. c. aveva emanato una (la prima) ordinanza anti-rumore! Non bisogna dimenticare che il nostro paesaggio sonoro si è profondamente modificato in seguito alla rivoluzione industriale che ha portato ad una maggiore presenza di suoni e rumori continui. Oggi il rumore di sottofondo è presente quasi ovunque e modifica inevitabilmente il senso della nostra esperienza del silenzio e, per converso, del suo rapporto con il suono. Non è un caso che molti musicisti d'avanguardia contemporanei articolino la loro musica più sui silenzi che sui suoni, forse, come affermava Cage, nell'intento di recuperare un qualcosa in via di estinzione.
Tuttavia i suoni ambientali, di adesso come di allora, sono altra cosa rispetto alla Vita intesa nella contrapposizione Vita/non-vita, e lo sono sempre stati.


Le esperienze che più sono radicate nel sé bio-psichico dell'uomo, come abbiamo detto, sono il ritmo cardiaco e un particolare tono di voce materno (che è anch'esso ritmico). Le isole di ordine che noi chiamiamo musica sono costrutti dell'uomo che, nel suo relazionarsi all'ambiente, ha estrapolato suoni e rumori dalla natura giustificandoli in qualche modo. Da un'altra angolazione, possiamo aggiungere che la dualitá suono/silenzio segue un po' le stesse logiche di quella figura/sfondo. Quest'ultima è il prodotto di una rete di abitudini culturali e percettive in cui l'esperienza tende a essere organizzata secondo linee prospettiche che comprendano un primo piano, uno sfondo e un lontano orizzonte, secondo un'abitudine che è profondamente radicata nella nostra cultura occidentale. Suono e silenzio, a seconda del periodo storico-geografico e dello stile musicale, possono essere visti come lo sfondo l'uno dell'altro.


Prendiamo due esempi contemporanei. Se sembra scontato che il basso in un brano hard rock sia relegato in uno sfondo è perché siamo stati educati al culto della chitarra, per cui, anche quando il basso si sente e "fa bene il suo lavoro" siamo distratti dalla "rumorosa" performance chitarristica. Per contro, se sembra bizzarro alle nostre orecchie che un musicista d'avanguardia contemporanea basi tutta la sua arte sui silenzi - su note appena accennate -, è perché per noi il silenzio è, probabilmente, un bene senza valore. Il denominatore comune di entrambi gli esempi è che noi inevitabilmente udiamo in base ai condizionamenti del nostro "orecchio culturale". Infatti, mentre il rock è tutto intento a difendere il rumore dal silenzio (rumore=vita, silenzio=morte), la musica d'avanguardia si concentra nel conservare il silenzio dal pericolo del rumore (rumore=disagio psichico, silenzio=pace, sé bios).


Un pubblico di residenti in una grande metropoli, difendendosi dalla socioacusia (la perdita di udito dovuta all'esposizione quotidiana al rumore) osserverà il rumore con le categorie del silenzio, disponendo sullo sfondo il chiasso ed esaltando la quiete. Un pubblico desideroso di appropriarsi della città (di viverla) invertirà questo rapporto esaltando il rumore contro il silenzio.
Suono e silenzio, se presi da soli, sono categorie incomplete e possono essere fuorvianti nella nostra analisi. La musica, anche se profondamente diversa tra un genere e un altro, come da un paese all'altro, anche costituita da un semplice ritmo o dal solo canto di monosillabi, parla senza intermediari. Se la sentiamo sensorialmente, invece di ascoltarla, possiamo accedere al suo significato più originario. Il discorso sul bambino è fondamentale proprio per questo: egli può trovare giovamento sia dai silenzi sia dai suoni, esperienze già radicate nel suo sé bios come alternanza cardiaca e fetale tra una 'toc' e un istante vuoto, purché questi fatti sonori stimolino la sua creatività e il suo bisogno di relazionarsi al mondo della vita.

(fonte: comunico bene.com)


ciao
vivo
 
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